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Bacoli: dieci anni per un posto auto

Freebacoli: Bacoli: dieci anni per un posto auto

lunedì 16 novembre 2009

Bacoli: dieci anni per un posto auto


Una rissa verbale, sfociata in uno spintone e tanta paura, successiva a ben 13 anni di silenzi ed illegalità. “Sono arrivata nel lontano 1996 in questo comune e giorno dopo giorno mi sento sempre più umiliata. La mia unica richiesta è quella di poter usufruire dei diritti previsti dalla legge. Da più di un decennio aspetto un posto auto per disabili presso l’ufficio municipale in cui lavoro”.
Con queste parole la signora Concetta, portatrice di handicap e dipendente comunale di servizio presso l’Ufficio Anagrafe locale, manifesta il suo enorme disagio per un imbarazzante questione perdurante dal giorno del suo trasferimento presso il municipio di Bacoli.
In passato, nelle altre realtà in cui ho avuto il piacere di lavorare, non mi è mai stato negato ciò che mi spetta per legge. Per tale motivo non riesco a darmi una spiegazione di questa continua inefficienza. Ho parlato e denunciato l’illegalità perpetuata ai miei danni – continua l’affranta Concetta – presso tutti gli organi competenti sia verbalmente che per iscritto. Sono andata più volte dai vigili urbani i quali, al di là di una diffusa arroganza e strafottenza, non hanno mai mantenuto le promesse”. Rassicurazioni che avevano portato, nel corso di quest’anno, ad una prima risoluzione della problematica mediante la delimitazione di un posto auto per disabili presso l’entrata della biblioteca comunale posta a pochi passi dallo stesso Ufficio Anagrafe. “Avevano posto un paletto per segnalare l’area a me adibita, munito di un lucchetto il quale, dopo neanche un mese ed in seguito ad aver consegnato la chiave ad un vigile urbano, è stato completamente rimosso riportando tutto allo status quo. Non so a chi devo rivolgermi per una questione che, oltre ad alimentare la mia rabbia e la mia umiliazione, vivo come un dramma personale”.
Tematica scottante a cui, lo scorso giovedì sera, è susseguita una caotica rissa atta a rendere ancora più grave la mancata applicazione dei vari decreti del Presidente della repubblica e delle
circolari n. 1270 del 1979, n. 310 del 1980 e n. 1030 del Ministero Lavori Pubblici sulle facilitazioni per la circolazione e la sosta dei veicoli per invalidi. “Ero scesa per spostare la macchina ma, proprio mente ero intenta a compiere la manovra per posteggiare in uno spazio vuoto, sono stata prima aggredita verbalmente e poi spintonata alle spalle da un ragazzo. Uno scossone che ha provocato la mia caduta. Non è servito a nulla manifestare la mia tristezza ed il mio rancore presso gli organi di polizia. Nei parcheggi comunali non c’è spazio per i veri portatori di handicap mentre, a causa di una diffusa propensione a rilasciare facilmente i tesserini d’invalidità, persone assolutamente prive di problematiche fisiche possono sostare in spiazzali contrassegnati dalle strisce gialle”. Una realtà dei fatti a cui è giunta la risposta di una responsabile della polizia urbana: “Bisogna constatare se effettivamente la signora Concetta ha messo per iscritto questa denuncia”.

Josi Gerardo della Ragione

1 Commenti:

Alle 16 novembre 2009 alle ore 12:21 , Anonymous Anonimo ha detto...

La nazione che distrugge il proprio suolo distrugge se stessa. (F.D. Roosevelt)

“Cose di casa nostra” direbbe un ipotetico pseudomafioso casalingo. E’ un eufemismo, certo, ma in effetti è ciò di cui si vuol parlare: cioè del non-rapporto tra il territorio e la società locale, della mancata conoscenza storica ambientalista e naturalistica del luogo e dell’alienazione del nativo.
In questo periodo in Italia altro non si parla che di federalismo, di differenti gestioni regionali e di trattamenti speciali locali, insomma ci si sta imbattendo in un’ idea impellente ed ormai ingombrante di divisione dell’autorità statale.
Paura e sgomento serpeggiano nelle zone più deboli e sottoposte a poteri incontrollabili, le zone fiscalmente “nobili” trovano rappresentanza in parlamento trascurando le problematiche originarie di quelle “meno nobili”; intanto altrove emerge un ordine mondiale fondato sul concetto di “civiltà”. L’indebolimento degli Stati e il venir meno di alcuni di essi contribuisce ad evocare un mondo dominato dall’anarchia.
Nel frattempo, all’interno della singola casa, in quell’ ambiente così domestico e accogliente, tanto apparentemente protetto, si vive di continui punti interrogativi: è complicato interpretare ciò che raccontano del mondo, ma bene o male una idea ce la si fa, in fondo ci sono chilometri e chilometri di distanza tra noi e lì, dove si uccidono o saltano in aria.
E’ avvilente cercare di intuire ciò che si racconta della nostra nazione, ma anche in questo caso, capiamo qualcosa in fondo: che in un certo senso siamo comunque in pericolo dopo aver provato quel brivido lungo la schiena alla notizia di quel matricidio o di quell’uomo che ha ammazzato i propri figli e la propria moglie. Allora ci si chiude in casa, ancor più che in se stessi, in frustrazioni mistiche, magari attribuendo alla chiusura dei manicomi la causa di questi eventi, oppure si cambia canale e ci si porta a distrarsi rispetto all’esterno con programmi culturalmente scadenti, contribuendo ad arricchire quell’ identità sempre più latente ed incosciente dell’individuo sociale.
L’individuo, l’uomo, la società che lo compone non conosce e non si riconosce; ci si trova probabilmente di fronte ad una forma di nichilismo attuale in cui lo stato si rivela come il nulla ed i valori tradizionali sono spogliati e perdono forza dinanzi all’oggettività e alla clonazione sociale.
Tutto ciò succede ovunque, ed anche a Cuma, mitica città del passato, ove nello scenario ameno di una città, costituente valore inestimabile per i propri tesori archeologici e per il fragile ecosistema persiste una condizione di interland di "quartiere dormitorio".
By Berta

 

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