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Il Nucleare Condanna il Futuro, I Costi Occulti dell’Atomo: Il Decommissioning

Freebacoli: Il Nucleare Condanna il Futuro, I Costi Occulti dell’Atomo: Il Decommissioning

mercoledì 8 giugno 2011

Il Nucleare Condanna il Futuro, I Costi Occulti dell’Atomo: Il Decommissioning

I costi occulti del nucleare: il Decommissioning e l’eredità che lasceremo alle future generazioni

image Nei costi dell’energia nucleare spesso non si tiene conto o si sottovalutano quelli dello smantellamento (decommissioning) degli impianti.

Le fasi di smantellamento di una centrale nucleare sono sostanzialmente 4:

1. Cessazione della produzione di elettricità

2. Rimozione del combustibile nucleare, svuotamento e dell’impianto

3. Decommissioning vero e proprio: invio materiali radioattivi ai depositi e demolizione edifici non contenenti materiali radioattivi.

4. Ripristino del sito

Queste operazioni richiedono decine e talvolta centinaia di anni e costi elevatissimi. La maggior parte delle stime attualmente ci dice che il costo del decommissioning é pari o superiore a quello di costruzione della stessa centrale nucleare, per cui il costo del kilowattora da nucleare andrebbe rivisto in forte aumento.

Un caso limite è probabilmente quello della centrale nucleare di Sellafield in Gran Bretagna dove, come leggiamo sul sito “Città Nuove” [ma la stessa informazione è riportata su decine e decine di siti]: “Benché chiusa già dal “2003,  i lavori, benché le sue quattro torri di raffreddamento siano state già fatte  saltare il 29 settembre 2007 con cariche di esplosivo,non potranno terminare prima del 2115, cioè 160 anni dopo  la sua l'entrata in funzione. Secondo l'ufficio stampa di Sellafield i lavori di smantellamento non dureranno meno di cinquant'anni.” Ciò è dovuto sia alla complessità del sito (è anche un impianto di trattamento) sia alla contaminazione del terreno circostante. Anche i costi sono enormi, si parla di circa 24 miliardi di euro.

Riportiamo di seguito le dichiarazioni del Ministro Giulio Tremonti come da articolo apparso su “Il Sole 24 ore del 20 marzo 2011, a firma di Isabella Bufacchi intitolato: «L'Italia non ha il debito nucleare»

“CERNOBBIO. Dal nostro inviato
C'è un debito pubblico, un debito privato ma c'è anche «un debito atomico» che va calcolato nella valutazione del Pil [n.d.r.: Prodotto Interno Lordo]di un paese e della sua bilancia commerciale perché i costi della chiusura di una centrale nucleare, il cosiddetto "decommissioning", non sono un rischio assicurativo ma «una certezza». Senza tener conto del fattore nucleare, l'Italia risulterebbe con una crescita più elevata di altri paesi: e scontando i costi del decommissioning, il Pil di molti stati ora più alto di quello italiano «andrebbe indietro». Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha introdotto così ieri, intervenendo al 12° Forum della Confcommercio a Cernobbio, il concetto del «debito nucleare», come spunto di riflessione su quanto sta accadendo in Giappone.”
In effetti non è completamente vero che l’Italia non ha un debito nucleare, ma sicuramente lo ha in misura inferiore a quello dei paesi che producono energia elettrica da nucleare.

Infatti, avendo avuto in passato delle centrali nucleari ed avendo tuttora delle scorie radioattive, l’Italia ha dei costi che, come vedremo in seguito, tutti noi paghiamo sulle bollette dell’elettricità.

Secondo un conteggio recentemente pubblicato, il costo per il decommissioning, pur non avendo in Italia produzione di energia elettrica da nucleare, ci costa già 4 miliardi di euro. Uno studio del 2008 della “Fondazione Einaudi”, intitolato: “Il Decommissioning degli impianti nucleari e la sistemazione dei materiali radioattivi” parla invece di 4,3 miliardi di euro in 20 anni. [ [http://www.opef.it/userfiles/decommissioning_e_sistemazione_materiali.pdf]

Ma chi sta sostenendo questi costi?

Per comprenderlo andiamo sul “Sito Autorità per L’Energia Elettrica e il Gas” e vediamo come è composta la bolletta dell’elettricità :

COMPOSIZIONE PERCENTUALE DELLA BOLLETTA ELETTRICA NEL II TRIMESTRE 2011

Componente energia (58,68% della spesa totale lorda). E’ il costo di approvvigionamento per l’energia elettrica prodotta e importata. E’ la voce più direttamente influenzata dalle quotazioni internazionali degli idrocarburi e dall’efficienza del mercato all’ingrosso.

Costi di rete e di misura (15,36% della spesa totale). Sono i costi dei servizi di trasmissione, distribuzione e misura dell’energia. La componente tiene conto della remunerazione degli investimenti per lo sviluppo e la sicurezza delle infrastrutture di rete.

Imposte (14,21% della spesa totale). Le imposte comprendono l’IVA (circa 9,09% del totale) e le imposte erariali (o accise) e locali, pari a circa 5,12% del totale.

Oneri generali di sistema (11,75% della spesa totale). Sono oneri fissati per legge a copertura di voci diverse e che incidono sulla bolletta con queste percentuali:

· incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate (componente A3, pari a circa il 85,31% degli oneri di sistema);

· regimi tariffari speciali per la società Ferrovie dello Stato (componente A4, pari a circa il 3,11% degli oneri di sistema);

· oneri per il decommissioning nucleare e compensazioni territoriali (componente A2 e MCT, pari a circa il 6,62% degli oneri di sistema);

· compensazioni per le imprese elettriche minori (componente UC4, pari a 1,67% degli oneri di sistema);

· sostegno alla ricerca di sistema (A5 pari a circa l’1,24% degli oneri di sistema);

· componente As a copertura del bonus elettrico (pari al 1,52% degli oneri di sistema );

· promozione dell’efficienza energetica (componente UC7 pari a circa lo 0,53% degli oneri di sistema).”

[per la corretta informazione, anche se non è un tema legato al nucleare, la componente A3, incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate, viene devoluta per la maggior parte non alle forme di energia alternative ma a quella prodotta dagli inceneritori dei rifiuti, i cosiddetti “termovalorizzatori”].

Quindi noi già paghiamo per un nucleare che non abbiamo ma, come abbiamo visto, il costo che con la scelta nucleare si ribalta sulle future generazioni è di gran lunga superiore.

Poiché il costo del decommissioning delle centrali è estremamente elevato, almeno fino al disastro di Fukushima molti gestori di impianti nucleari, la cui vita era stata progettata in 30 anni, hanno chiesto ed ottenuto l’estensione a 40 ed erano pronti a richiederla a 60.

È ovvio che, come tutte le cose, più un impianto invecchia, più i rischi di incidenti aumentano e pertanto ritengo che dovremmo seriamente riflettere se questo nostro atteggiamento, di usufruire del “Buono” (buono ovviamente tra virgolette) dell’energia nucleare, lasciando ai posteri i maggiori rischi ed i maggiori oneri non sia di un egoismo davvero mostruoso.

Ed infine a chi ci dice: “Ma perché l’Italia dovrebbe rinunciare al nucleare quando altri Paesi hanno impianti vicini al nostro confine?”, dovremmo rispondere con due motivazioni:

- È vero che i danni del nucleare non sono circoscritti ai luoghi molto prossimi agli impianti, ma è pur vero che le zone vicine sono quelle che li subiscono, sia in termini di danni alla salute che economici, in misura molto maggiore, come ci testimoniano Chernobyl e Fukushima.

- È diffusa da decenni e sta crescendo dappertutto una forte corrente di pensiero antinucleare, basata su solide fondamenta scientifiche. Non è pertanto l’Italia che deve installare nuove centrali nucleari, ma piuttosto sono i Paesi che ne usufruiscono a dover smantellare le loro, seguendo l’esempio della Germania che il 30 maggio 2011 ha deciso di non riattivare più 8 dei 17 impianti chiusi dopo l’incidente di Fukushima e di spegnere l’ultimo reattore entro il 2022. Il piano del governo tedesco è di arrivare tra il 2020 ed il 2030 ad almeno il 70-80% di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.

Questo è l’esempio che l’Italia deve seguire.

Alessandro Parisi
Redazione Freebacoli
freebacoli@live.it

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4 Commenti:

Alle 8 giugno 2011 alle ore 09:07 , Anonymous Anonimo ha detto...

Tommaso Di Meo
Interessantissimo articoli. Grazie ad Alessandro Parisi e a Freebacoli per il prezioso lavoro di informazione e sensibilizzazione. Condivido

 
Alle 8 giugno 2011 alle ore 09:18 , Anonymous Anonimo ha detto...

Gabriele Di Stefano
Se devo usare un esempio per qualcosa che è ad alta rischiosità e insieme elevata insostenibilità (ambientale, sociale ed economica), ricorro alla "centrale nucleare".P.S
.: allo stato attuale delle conoscenze, il kWh da energia nucleare ha un costo tendenzialmente infinito. Altro che più economico...

 
Alle 8 giugno 2011 alle ore 09:19 , Anonymous Anonimo ha detto...

Marco Tullio de Simone
annamo bbene...

 
Alle 8 giugno 2011 alle ore 17:36 , Anonymous Dantavelli ha detto...

l'uranio o altro, va importato, ed è radioattivo anche allo stato grezzo, ergo, il costo del trasporto è elevatissimo perchè... bhè
1 si sta trasportando materiale radioattivo che se rubato potrebbe fare molti più danni di quanti non ne faccia già in mani "sicure"

2 è sempre radioattivo, quindi bisogna prendere precauzioni per la sicurezza di chi lo trasporta, sicurezze costose, molto costose

e sto considerando solo il trasporto, le spese rimanenti sono state egregiamente elencate nell'articolo, probabilmente anche queste menzionate da me sono nell'articolo, ma vi confesso che arrivato a metà articolo ho smesso di leggere ..

 

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