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Omicidio a Monte di Procida, Parlano i Cittadini: “Una tragedia che si sarebbe potuta evitare”

Freebacoli: Omicidio a Monte di Procida, Parlano i Cittadini: “Una tragedia che si sarebbe potuta evitare”

lunedì 15 novembre 2010

Omicidio a Monte di Procida, Parlano i Cittadini: “Una tragedia che si sarebbe potuta evitare”

filomar Una traversa buia la seconda di via Filomarino. Sullo sfondo una sola casa con le finestre accese. Una scena da film.

Non c’è illuminazione pubblica, non ci sono pali delle luce lì in quella strada. E il buio porta anche silenzio, un silenzio irreale, come spesso accade. In lontananza solo i bagliori dei lumini del cimitero di Bacoli che demandano un senso di morte. Ed è di morte che parlano le persone che, lentamente hanno cominciato a sciamare verso quella casa dalle  finestre illuminate. L’unica.

Parlano a voce bassa, parole quasi impercettibili. Non si avvicinano troppo, restano a distanza, defilati. La morte è arrivata a Monte di Procida e molte persone preferiscono guardarla da lontano, spiarla da dietro le imposte. Tengono la luce spenta in quelle stanze. Non vogliono essere notati o forse lo fanno solo per rispetto nei confronti di chi ha subito la più grande delle tragedie.

La morte è arrivata a Monte di Procida e si è portata via una bimba di appena due mesi. Uccisa. Sgozzata. Non si avvicina nessuno a quella casa, ma chi supera il limite, quel confine immaginario che sta tra il rispetto deferente e l’intrusione, viene allontanato in malo modo dai familiari. La strada è in salita, i curiosi, il popolo del Monte si affolla ai piedi del viottolo.

Qualcuno commenta “Secondo me è stato quello... quello con i capelli ricci sempre pieni di gelatina”. Le decine di persone diventano in breve tempo un centinaio, poi circa duecento. C’è persino un sacerdote. All’esterno della casa dalle finestre illuminate le luci dei lampeggianti delle forze dell’ordine dipingono quei volti di azzurro con una cadenza ritmica, inesorabile. Come il silenzio.

Una parente viene accompagnata in caserma per essere ascoltata. E’ un omicidio, lo sanno tutti. E tutti sanno che ad essere uccisa è stata una bimba di soli due mesi. E tutti sanno che quella bimba si chiamava Sofia.

Poi qualcuno si sbilancia e afferma che questa tragedia “si sarebbe potuta evitare”. Sono alcuni vicini a dirlo e aggiungono: “Poteva succedere da un momento all’altro - raccontano - spesso c’erano stato episodi di violenza in quella casa. Spesso lì sono arrivate le ambulanze”.

Quelle ambulanze erano per Antonio Raffaele Spinelli, il responsabile - ancora presunto – della morte delle piccola Sofia. Chi lo conosceva quasi non si stupisce per quello che è successo nella casa di via Filomarino. “Fino a poco tempo fa guidava la macchina - raccontano ancora i vicini - ed ogni volta lo faceva a rischio e pericolo di chi si poteva trovare sulla sua strada”.

Qualcun altro parla di quella zona e dice alla moglie: “Però... questo è un posto tranquillo”. E la donna risponde: “Da oggi non lo è più”. Qualcuno sussurra che era stato già mandato in un istituto di igiene mentale, ma si tratta di voci.

Dopo alcune ore il silenzio irreale del Monte viene squarciato da un grido. Un urlo che scandisce una sola parola: “Perché?”. Sono le parole di Francesca, la madre della piccola Sofia. La sorella di chi l’avrebbe strappata alla vita a soli due mesi.

Alla fine della strada c’è un gruppetto di bambini. Cinque o sei, non di più. Sono loro a farsi avanti, loro a esporsi più degli altri. Giocano a fare gli investigatori, si avvicinano alla casa, poi tornano indietro correndo e raccontando agli altri di quel dettaglio in più, di quella parola in più che hanno sentito. O forse no. Emozionati e un po’ impauriti. Ma così sono fatti i bambini.

Cronache di Napoli

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1 Commenti:

Alle 15 novembre 2010 alle ore 15:07 , Blogger Lucy Colandrea ha detto...

un fatto sconvolgente che porta a chiedere dove fossero le istituzioni sanitarie...
il ragazzo era in cura, aveva già dato segni di squilibrio.
mi chiedo allora: se la legge italiana prevede che il malato abbia il diritto di vivere integrato nella comunità, e anche a me pare un diritto lecito, chi ci tutela da questi rari, ma comunque da mettere in preventivo, raptus?
io non me la sento di inneggiare alla pena d morte come fanno molti, soprattutto su fecebook.
al di là del fatto che sia malato, al di là del fatto che la colpa sia del sistema sanitario, che o ha sottovalutato il problema, o non se n'è accorto (io ho lavorato in un centro di igiene mentale come volontaria e gli ospiti, come amano chiamari, sono per lo più sedati. poco curati, insomma.), al di la d questo, non me la sento di inneggiare alla pena di morte anche perchè ho strenuamente difeso sakineh, da questa pena, e tanti altri. mi piace essere coerente.
odio leggere commenti violenti da parte delle stesse persone che fino a ieri condannavano la pena di morte e ne difendevano i condannati.
per un malato mentale, poi!
se ha capito pure quello che ha fatto...
la colpa, ripeto, è dello stato. perchè non ci sono strutture adatte.
non mi piace nemmeno vedere il link ripetuto a ripetizione, di certo non aiuta la famiglia distrutta da un doppio lutto.
sul profilo facebook della mamma ci sono addirittura le condoglianze scritte in bacheca...
adesso sicuramente non si collegherà; e quando lo farà, gli saranno sbattute violentemente in faccia le condoglianze, magari i particoari della morte della figlia...
immagino il rinnovarsi del suo dolore nel leggere le descrizioni della morte di sua figlia...
non me la sento, stavolta, di condividere il link...
Lucy Colandrea

 

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