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L’Italia Dimenticata da 150 Anni: Barbara Invasione del Sud e Sterminio di Briganti – Ecco la Libertà dei Savoia

Freebacoli: L’Italia Dimenticata da 150 Anni: Barbara Invasione del Sud e Sterminio di Briganti – Ecco la Libertà dei Savoia

giovedì 17 marzo 2011

L’Italia Dimenticata da 150 Anni: Barbara Invasione del Sud e Sterminio di Briganti – Ecco la Libertà dei Savoia

imageFesteggiare il cento cinquantenario dell’unità d’Italia significa innanzitutto ricordare ed onorare le migliaia di persone che, mossi da ideali di libertà, democrazia e partecipazione collettiva, hanno combattuto e sono morti, sia nel periodo risorgimentale che durante la resistenza, per costituire un’Italia realmente unica e coesa.

Sforzi encomiabili e valori indiscutibili il cui fine ultimo è stato raggiunto con la stesura della carta costituzionale avvenuta nel 1948.

Ricordare i momenti di lotta e di conquista sociale significa però provare profonda compassione verso quegli stessi uomini e quelle stesse donne che, se oggi fossero presenti per commemorare le proprie battaglie, si troverebbero dinanzi ad una nazione che tutto è fuorché unita.

Combattenti valorosi che proverebbero un profondo senso di disprezzo riguardando velocemente l’ultimo secolo e mezzo che, dalle scorribande garibaldine, ha portato a questa giornata di festa.

Sventolare la bandiera e cantare l’inno nazionale significa, oggi più che mai, analizzare da italiani, con oggettività e realismo, ciò che fu l’Unità d’Italia del 1861.

Significa ricordare che anziché di unità sarebbe giusto parlare di forzata piemontizzazione del meridione, di barbara invasione settentrionale delle coste del mezzogiorno, di truppe in armi che, approfittando della povertà contadina e dell’assenza dei Borbone, promisero libertà e terra da coltivare a uomini indigenti, senza poi mantenere le promesse.

D’altronde come dimenticare il famigerato eccidio di Bronte, reale simbolo della “liberazione” portata avanti dalle truppe del generale Bixio.

Proprio lui, dopo aver fomentato il popolo del Sud, spingendolo a contrapporsi alle classi dirigenti allora al potere dalla Sicilia alla Campania, soffocò nel sangue i rigurgiti di libertà professati dalla povera gente del paesino siciliano di Bronte.

Gli stessi difatti, esasperati, dopo aver conquistato la libertà attraverso l’utilizzo delle armi, si videro nuovamente sottomessi dalla crudeltà dei battaglioni garibaldini i quali, attraverso l’utilizzo di tribunali di guerra, giudicarono sommariamente 150 persone e ne condannarono alla pena capitale ben 5, sentenza che venne eseguita mediante cruenta fucilazione.

“Il carbonaro, mentre tornavano a mettergli le manette, balbettava: “Dove mi conducete? In galera? O perchè? Non mi è toccato neppure un palmo di terra! Eppure avevano detto che c’era la libertà!”, recita il periodo finale della novella “La Libertà”, con cui Giovanni Verga raccontò quell’eccidio.

Dopo Bronte “altri villaggi videro Bixio, sentirono la stretta della sua mano possente e gli gridarono dietro: Sei una belva”! riportano le cronistorie del tempo.

Uno stato calato dall’alto con cui non si fece altro che sostituire alla casata borbonica quella dei Savoia, riportando il Sud Italia, dopo pochi mesi di frenetiche battaglie, nuovamente sottomesso ad un novello padrone.

Motivo per cui altri cittadini delusi dalle promesse non mantenute dai piemontesi si riunirono in gruppi in armi per difendere quelli che erano i propri diritti.

imageFurono chiamati Briganti.

Trattati come banditi e fuorilegge, con la sola colpa di essere contro il regime centrale, imposto e non voluto.

“8968 fucilati, 10604 feriti, 7112 prigionieri, 918 case bruciate, 6 paesi interamente rasi al suolo”.

E’ con questo bollettino di guerra che il generale sabaudo Enrico Cialdini racconta con orgoglio la campagna anti brigantaggio.

“Questa è Africa, altro che Italia. I beduini al riscontro di questi cafoni sono latte e miele” asseriva lo stesso, quasi alla maniera di un attuale esponente della Lega Nord, scrivendo a Cavour nel 1861.

Una ribellione trucidata dalla barbarie piemontese, oggi quasi del tutto dimenticata, sulla quale scrissero anche i Padri Gesuiti della “Civiltà Cattolica” :

“Questo che voi chiamate con nome ingiurioso di brigantaggio non è altro che una vera reazione dell’oppresso contro l’oppressore, della vittima contro il carnefice, del derubato contro il ladro. In una parola: del diritto contro l’iniquità. L’idea che muove codesta reazione è l’idea politica, morale e religiosa della giustizia, della proprietà e della libertà”.

Ma la nuova classe dirigente italiana bollò questo fenomeno con epiteti spregevoli, in modo tale da dare l’impressione al resto della nazione e dell’Europa che si trattasse di delinquenza comune e che pertanto dovesse essere combattuta con metodi repressivi.

Nel 1863 una commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno del brigantaggio elaborò una relazione circa le reali motivazioni che mossero tale fenomeno.

“Le cause del brigantaggio sono la misera delle popolazione, dovuta ovviamente all’oppressione borbonica; la particolare asprezza orografica di alcune regioni e la mancanza di senso morale, tipica delle genti meridionali, testimoniata dal fatto che essere brigante era quasi una tradizione locale”.

Una carneficina autorizzata dal senso di Stato su cui anche Gramsci ebbe a dire “Una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le Isole squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti”.

Ma i “salvatori” piemontesi promisero, oltre a terra e ricchezze, anche le più ampie libertà.

Un concetto che proprio i napoletani, ed in particolar modo l’élite intellettuale partenopea, non ebbe di certo ad apprendere dalle camicie rosse.

Fu la Repubblica napoletana nel 1799 ad introdurre in quell’”espressione geografica chiamata Italia” (come la definì Metternich) i basilari principi per cui si erano battuti migliaia di francesi nel corso della rivoluzione del 1789.

Repubblica durata poco più di sei mesi alla cui base fu posta un principio di costituzione, poi mai promulgata, le cui radici erano fondate proprio nei moti che portarono alla presa della Bastiglia e che tutt’oggi sono alla base della Costituzione Italiana del 1948.

image Centocinquant’anni anni che non sono serviti a rimarginare il divario esistente tra Nord e Sud del Paese.

Come dimenticare che proprio a seguito dell’Unità ebbe inizio la drammatica Questione meridionale fatta di disoccupazione, povertà, carenza d’infrastrutture e mancanza d’investimenti.

Disagi all’epoca presenti, ed oggi ancora propri di una terra e di una città, Napoli, che al tempo dei Borbone era tra le capitali culturali d’Europa, vantando tra le altre cose la costruzione della prima rete ferroviaria d’Italia (la Napoli-Portici).

Forti discriminanti fra Nord e Sud, le quali almeno sino al prossimo 2013, sono state ben individuate anche dalla Comunità Europea che, nel suddividere per aree il territorio continentale, pone in due fasce diverse il meridione ed il settentrione della penisola tricolore.

Il Sud inoltre, lamenta allora come oggi, l’assenza dello Stato centrale che, dopo aver represso i moti di reale libertà, ha abbandonato questa parte d’Italia alimentando in tal modo il proliferarsi di quelle attività criminali che oggi riconosciamo con i nomi di Camorra, Mafia, ‘Ndrangheta.

Se oggi quegli stessi combattenti che hanno lottato per poter essere definiti Italiani, nell’analizzare la storia di quest’Italia e nell’esaltarsi quindi ricordando gli ideali risorgimentali, i principi della resistenza, gli articoli della Costituzione e le eroiche gesta di personaggi quali Falcone e Borsellino, non potrebbero non provare profondo disgusto verso quella catena di mala-politica e di corruzione che dall’800 ad oggi ha fatto dell’Italia una vera e propria Repubblica delle Banane.

Si va dal trasformismo di Depretis allo scandalo della Banca di Roma (per cui furono indagate personalità quali Crispi e Giolitti), dall’autoritarismo fascista, sino a giungere a Tangentopoli, Mani Pulite e all’attualissima depravazione morale ed assenza di dialettica politica che determinano il trasformismo del nuovo millennio.

“Il trasformismo è una pratica politica che consiste nell’abbandono della tradizionale dialettica e differenza ideologica fra le varie parti politiche all’interno del Parlamento, per costituire nuovi gruppi politici passando da una parte all’altra dell’emiciclo parlamentare a seconda di chi detiene il potere”.

Tale fenomeno rappresenta uno dei reali anelli di congiunzione tra la politica di fine 800 e quella attuale.

Pertanto questa giovane Italia e questo vessato Meridione, condotte verso la divisione ed il dissesto da classi politiche incapaci, hanno un’ unica possibilità di salvezza: il popolo.

imageUrge, ora più che mai, il risveglio popolare di chi oggi assopito, apatico e disilluso relega ad una setta di mestieranti, la facoltà di gestire la cosa pubblica, trasformando in tal modo la Repubblica Democratica Italiana in una oligarchia tendente alla monarchia.

Riappropriarsi della politica, rivivere con sentimento ogni fase della vita pubblica, significa ritrovare quel fervore di cambiamento che animò i sinceri ideali delle migliaia di morti che oggi con tricolore, gagliardetti ed inno di Mameli, ricordiamo.

“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere secondo le possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Così recita l’articolo 4 della Carta Costituzionale italiana.

Scendere in piazza per mostrare ai politicanti padroni di questa nazione, che l’Italia è di chi la vive quotidianamente, non significa soltanto lottare per assicurare un futuro migliore ai propri figli.

E’ soltanto l’unico modo con cui chi oggi festeggia, può realmente onorare i propri progenitori che, per essere governati da simili principi di uguaglianza, libertà e fratellanza, hanno dato la propria vita.

Oggi non servirà munirsi di baionette, fucili e coltelli.

Basterà arricchirsi di quella cultura e quell’informazione utile per essere coscienti dei reali problemi che attanagliano l’Italia, la Campania e la nostra terra e saperne individuare le proposte di miglioramento.

Redazione Freebacoli
freebacoli@live.it

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25 Commenti:

Alle 17 marzo 2011 alle ore 19:18 , Anonymous Anonimo ha detto...

redazione, questa volta mi sei piaciuta: informazione completa e parere conclusivo di alto profilo istituzionale.
Complimenti e buon 17 marzo a tutti

 
Alle 17 marzo 2011 alle ore 19:35 , Anonymous Anonimo ha detto...

Mario Capuano ‎
15 MARZO 1861- 15 marzo 20011 :viva l' italia(dis)UNITA!

 
Alle 17 marzo 2011 alle ore 19:35 , Anonymous Anonimo ha detto...

Attilio Quaranta
sono d'accordo su molte cose, ma uscirsene fuori oggi stona molto, mi sembra come andare a festeggiare il compleanno di una persona figlia di una "buona donna" e dirgli: auguri felicitazioni evviva...ma sei figlio di una "buona donna" ...

 
Alle 17 marzo 2011 alle ore 20:09 , Anonymous Anonimo ha detto...

Giovanni Piccolo
NOI ERAVAMO GRANDI ERAVAMO PRIMA DI TUTTI IN ITALIA ED ANCORA OGGI... ABBIAMO INVENTATO MOLTE COSE COME LA PRIMA FERROVIA.. L' ACQUA IN CASA ECC... è ARRIVATO QUEL LURIDO BASTARDO DI GARIBALDI GRAZIE A LUI IL NORD è DIVENTATO IMPORTANTE PERTCHè CI HA RUBATO TUTTE LE INVENZIONI ED OGGI COME CI RINGRAZIANO?? NAPOLETANI DI MERDA SUD DEL CAZZO.. SCUSATE LE PAROLE MA è COSI VOI AVETE L INMONDIZIA.. è L ORA DI RIBELLARSI

 
Alle 17 marzo 2011 alle ore 20:16 , Anonymous Anonimo ha detto...

Dino La Barbera
la Sicilia ed il sud sono stati conquistati e annessi al regno d'Italia . Emilia e Toscana hanno avuto l'opportunità di esprimere la loro volontà con il voto

 
Alle 17 marzo 2011 alle ore 20:17 , Anonymous Anonimo ha detto...

Marco Antonio
per ogni vero meridionale sarà un giorno di lutto..abbiamo perso il regno più bello..ma ora che il san paolo sventola bandiere borboniche e fischia all'inno d'italia, bhe penso che almeno 3 meridionali su 5 sappiano. e tra 50 anni magari al 200 esimo anniversario se tutto va bene 5 su 5 non festeggieranno. VIVA O'RE!

 
Alle 17 marzo 2011 alle ore 21:03 , Anonymous sasa tuo ha detto...

150 di infamia per il sud!! sveglia gente, oggi dovremmo accendere una candela in segno di lutto!! w il sud!! riprendiamoci la nostra terra!!

 
Alle 17 marzo 2011 alle ore 22:18 , Anonymous Michael Amirans ha detto...

A neo-borbonici e neo-revisionisti, andrebbero ricordate la ferocia dell'assolutismo borbonico e la miseria delle "plebi" meridionali: tra gli uccisi dal re di Torino o di Napoli, non vedo differenze salvo farci paladini di un oscurantismo pseudo-leghista. Secondo me, va distinta l' "Italia" come identità collettiva (in cui nonostante tutto mi riconosco) dallo "stato" (come "governo") che qui come nel mondo, controlla sulle classi sfruttate: ma il rimedio ai mali della società attuale, è abbattere i "padroni" non di certo resuscitare le Due Sicilie, anzi...

 
Alle 17 marzo 2011 alle ore 23:35 , Anonymous Anonimo ha detto...

Certi commenti sono il preludio alla guerra civile: no nord contro sud ma tra quelli del sud e tra quelli del nord con posizioni diverse.
I piemontesi hanno avuto le porte aperte dai latifondisti agrari meridionali e dalla malavita organizzata di allora in cambio del mantenimento degli stessi privilegi feudali.
I primati del regno delle due sicilie, di cui parlano in tanti e recentemente portati alla luce in eccezionali libri, vedi Terroni di P. Aprile, sarebbero stati da li a poco sbarazzati dai cambiamenti che seguirono in Europa. La cosa mancante in questi 150 anni è stata una questione meridionale recepita politicamente come questione nazionale: il Nord ha pensato, dopo l'Unità, di crescere da solo ai danni del SUD e considerando il SUD solo come colonia mercantile e con enti tipo la Cassa per il Mezzogiorno, una politica in cerca della riconferma del consenso, distribuiva soldi a pioggia che in parte tornavano al nord e per il resto alimentavano una politica assistenziale del malaffare e delle organizzazioni criminali creando il disastroso sistema che è sotto gli occhi di tutti.
All'Unità di 150 anni fa non seguì un percorso di modernizzazione che in altri paesi si stava consolidando (vedi x es. francia, inghilterra). In questi 150 anni ci sono stati anche quelli che prevedevano la fine che avrebbe fatto il Sud ma restavano inascoltati (Salvemini, Gramsci, Nitti, Amendola).
Fino a qualche anno fa si chiedevano fabbriche anche al SUD, oggi le fabbriche chiudono al nord e sono aperte in paesi dove la forza lavoro costa un decimo in meno. E' possibile ipotizzare una nuova forma di economia del sud, libera dalla criminalità organizzata e da una classe politica corrotta e collusa, fondata sulle bellezze naturali, archeologiche ed enogastronomiche? Un nuovo sistema di sviluppo, non assistenziale, poggiante sulle intelligenze di questo SUD, finora in fuga e utilizzate come risorse al nord e in altri paesi del Mondo? Un nuovo SUD, così concepito, potrebbe essere meta per un mondo ed un mercato globalizzato, senza trascurare la posizione strategica, storicamente dimostrata, al centro del Mediterraneo?
Oggi questa posizione strategica è utilizzata solo per fenomenni migratori della disperazione nordafricana, è giusto?
Questa festa è comunque servita per un approfondimento ed un confronto che dovrebbe farci guardare avanti tenendo in mente cosa è successo in questi 150 anni, a partire dallo stupro di cui sono state vittime i già poveri del Sud. W L'ITALIA, 150 anni e non li dimostra, c'è molta strada da fare ancora

 
Alle 18 marzo 2011 alle ore 00:54 , Anonymous Anonimo ha detto...

Lucy Colandrea
non si tratta di uscirsene o meno. ma l'eccidio non ci viene nemmeno riconosciuto. senza riconoscere i soprusi come può esistere un'Italia? al massimo adesso abbiamo un'itaglia. non si tratta di dividere, ma semplicemente di riconoscere quello che è stato. nessun indiano d'america chiede la secessione, o la restituzione, ma nessun americano si sognerebbe di negare quello che c'è stato. che quello che abbiamo subito, e che subiamo ancora, sia riconosciuto.

 
Alle 18 marzo 2011 alle ore 00:59 , Anonymous Anonimo ha detto...

Carmela Matarese
teniamo gli occhi ben aperti e rendiamoci conto della vera realtà della nostra bellissima ITALIA

 
Alle 18 marzo 2011 alle ore 01:06 , Anonymous Anonimo ha detto...

Salvatore Moreno
Festeggiare l'unità in un paese dove ci sono ministri leghisti? di un paese che chiama briganti i nostri partigiani, di un paese dove si invoca il Vesuvio a distruggerci, di un paese che continua ad occuparci

 
Alle 18 marzo 2011 alle ore 01:09 , Anonymous Anonimo ha detto...

(Banco Napoli al S.Paolo di Torino) di un paese che continua a considerarci minoranza malavita ed illegalità. Di un pease pieno zeppo di onorevoli ignoranti( Vedi le iene ieri sera) di un paese che ci considera ancora carne da macello e serbatoio elettorale, che affossa i Borboni e inneggia ai Savoia. Di un paese dove siamo fratelli d'italia solo nelle partite della nazionale. Sciò...."

 
Alle 18 marzo 2011 alle ore 09:26 , Anonymous Anonimo ha detto...

Ottimo articolo.
Noi al Sud chiediamo solo equilibrio nelle ricostruzioni storiche, la fine della retorica antimeridionale e che si riconosca una volta per tutte che l'unità d'Italia non è stata realizzata in un bel modo!
Ricordiamoci sempre che i Savoia si sono serviti della boria dei siciliani per attaccare dall'interno il Regno delle Due Sicilie, su questo va dato atto di una profonda strategia. Però smettiamola con la favola dei mille che hanno conquistato un regno: quando Garibaldi passò lo stretto erano già ventimila! I mille (bergamaschi e lombardi in maggioranza, vero Bossi?...) furono solo l'avamposto.

 
Alle 18 marzo 2011 alle ore 10:05 , Blogger Antonio Gerardo Mancino ha detto...

Precisazione per chi commenta

" I Borboni " non esistono
ma esistono i Borbone
Ieri anche il sindaco Iannuzzi e il professore Giovanni Pugliese hanno sbagliato
Se esistono i Borboni allora devo esistere anche i Savoii, gli Schiani, gli Di mei ,i Colandrei etc etc

 
Alle 18 marzo 2011 alle ore 12:40 , Anonymous Achille ha detto...

SI FESTEGGIA L'UNITA' D'ITALIA PER QUELLI CHE NON CREDONO NELL'UNITA' D'ITALIA COME TE CARO JOSI...HAI FATTO UN DISCORSO DISFATTISTA A DIR POCO PENOSO

 
Alle 18 marzo 2011 alle ore 15:14 , Anonymous Anonimo ha detto...

ciao achille,
discorso, per te, disfattista e penoso?
raramente condivido quanto scritto su Freebacoli ma questa volta su "i 150 anni dell'Unità d'Italia" Josi G. D. R. (ex C.M.L.F.) ha scritto cose interessanti, da persona che crede nell'Unità d'Italia; almeno questa è la mia opinione.
Ti dispiacerebbe spiegare il oenoso ed il disfattismo? te lo chiedo, cortesemente, mi è difficile comprendere la tua opinione, approfittando dello spazio di freebacoli.
questa pagina, al di là degli sfoghi, dovrebbe servire almeno a questo.
Frank Sinatra : - )
p.s. un grazie ai Mancini per la necessaria precisazione

 
Alle 18 marzo 2011 alle ore 15:30 , Anonymous Anonimo ha detto...

Marco Antonio
per ogni vero meridionale sarà un giorno di lutto..abbiamo perso il regno più bello..ma ora che il san paolo sventola bandiere borboniche e fischia all'inno d'italia, bhe penso che almeno 3 meridionali su 5 sappiano. e tra 50 anni magari al 200 esimo anniversario se tutto va bene 5 su 5 non festeggieranno. VIVA O'RE!

 
Alle 18 marzo 2011 alle ore 17:24 , Anonymous Anonimo ha detto...

Stiamo nel 2011 ed ancora con "viva ò Re!" ma per piacere finiamola di dire stronzate...

 
Alle 18 marzo 2011 alle ore 20:44 , Anonymous Anonimo ha detto...

Antonio Coppola
mi vedo costretto ad ammonirti... vi invito a rivedere le fonti storiche sulla base delle quali avete scritto l'articolo, poiché molti sono gli errori commessi... parlo da storico contemporaneista

 
Alle 18 marzo 2011 alle ore 20:44 , Blogger Freebacoli ha detto...

Bene Antonio.
Sempre lieti di imparare e d'apprendere, se non correggere, cose nuove, attendiamo sue opportune e di sicuro dotte delucidazioni.

 
Alle 18 marzo 2011 alle ore 20:54 , Anonymous achille ha detto...

caro anonimo sono achille se non capisci quello che ho scritto è perchè non capisci proprio niente essendoti soffermato su banali commenti come quello del disfattismo ecc...soffermati su quello che ho scritto prima invece....l'italia doveva già essere uità non doveva mai essere divisa prima dei 150 anni,quindi il giusto era riunirla

 
Alle 18 marzo 2011 alle ore 21:46 , Anonymous Anonimo ha detto...

ringrazio achille per la risposta, se il disfattismo lo considera banale in seconda battuta è affar suo; la mia richiesta, secondo me posta in modo educato, era finalizzata ad acquisire il contenuto di opinioni diverse dalle mie, giusto per il confronto. Credo che tale impostazione suoni stonata per intolleranti come lei, a ciascuno il suo: io magari non capisco niente Lei tanto, il mondo in fondo è bello proprio perché avariato. bye bye

 
Alle 19 marzo 2011 alle ore 15:13 , Anonymous achille ha detto...

anonimo una cosa non sfottere le tue scuse i tuoi giri di parole mi fanno capire ancora che non hai capito ne la motivazione per la quale è stata la festa dell'unità d'italia ne quello che ho scritto

 
Alle 28 settembre 2012 alle ore 17:48 , Anonymous Ilario Gubenco ha detto...

Quando mai è esistita l'Italia? Essa più che mai è un'espressione geografica, un «Banditenland». E' ridicolo ricordare i 150 anni, dopo averne ricordato i 100, della c.d. «Unità»! I «padri/padrini/padroni» del «risorgimento» hanno dovuto rispolverare come precedente la civiltà di Roma antica! Maestra del diritto, del clientelismo e del «panem et circenses» (spettacoli sanguinosi di gladiatori), Roma era un fulgido esempio di inciviltà organizzata, solo ammorbidita dalla civiltà greco/ellenistica. Ne rimane un vestigio nell'inno della repubblica delle Banane: «la vittoria..., che schiava di Roma Iddio la creò». Non occorre essere leghisti per rifiutare questo lurido minestrone. Precisazione: l'unico movimento politico che ha tentato di unire l'Italia è stato il fascismo, e, se è vero che Mussolini ha detto «sono vent'anni che cerco di fare l'Italia con la m... », non mi sento di dargli torto, pur non condividendo assolutamente le sue idee!

 

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