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Mobbing sul Lavoro, Una Forma di Criminalità Organizzata

Freebacoli: Mobbing sul Lavoro, Una Forma di Criminalità Organizzata

venerdì 19 ottobre 2012

Mobbing sul Lavoro, Una Forma di Criminalità Organizzata

Accerchiare, attaccare, aggredire in massa. Imporre violenza psicologica. Isolare sul posto di lavoro. Sfumature diverse di uno unico grande e diffuso fenomeno: il Mobbing.

La sua esistenza viene perfino messa in discussione nelle piccole realtà locali come Bacoli dove la gente, lasciandosi convincere dal dir comune che “qua certe cose non succedono”, è convinta che il problema coinvolga solo le grandi metropoli d’Italia, distanti poi chissà quanti anni luce dalle nostre case. Che fosse un problema tanto pericoloso quanto diffuso sia negli uffici pubblici sia in quelli privati è invece un fatto documentato e certificato da diversi enti pubblici, tra cui l’INAIL.

Viceversa, meno risaputo (ma non per questo meno grave) è che troppo spesso le cause che generano questo fenomeno sono da ricercarsi in questioni che nulla hanno a che fare con le naturali divergenze dell’ambito lavorativo, bensì in interessi trasversali che svolazzano tra il pubblico e il privato, tra la mazzetta e l’appalto, e che costituiscono l’ultimo anello di quel più ampio sistema che da sempre esclude ed emargina tutti coloro che semplicemente reclamano i loro diritti o che, in maniera esemplare, svolgono il loro mestiere con serietà e dedizione.

Quando si Può Parlare di Mobbing

Nonostante la parola “Mobbing” non nasconda le sue origini inglesi, tuttavia comprenderne il suo significato è tanto semplice quanto importante.

Innanzitutto è lecito parlare di mobbing essenzialmente in ambito lavorativo, in quanto è con quest’ultimo che esso prende forma. Esso consiste sostanzialmente in pratiche persecutorie da parte di colleghi di lavoro (mobber) nei confronti di un singolo lavoratore (mobbizzato) aventi l’unico scopo di delegittimare l’operato del lavoratore e provocarne una conseguente instabilità psichica, mirata all’allontanamento e/o all’isolamento sul posto di lavoro.
A tal proposito ci sembra doveroso nei confronti dei nostri lettori, e soprattutto nei confronti di coloro che potrebbero imbattersi nel mobbing, fare piccoli esempi con cui è possibile riconoscere situazioni mobbizzanti, nonché fornire qualche semplice ma utile consiglio per riconoscere celermente i casi di mobbing sul posto di lavoro.

Vengono sistematicamente diffuse false informazioni sul tuo conto sul posto di lavoro? E’ Mobbing. Ti vengono affidati nuovi incarichi senza formazione o senza gli strumenti necessari? E’ Mobbing. Ricevi con pretestuosi motivi critiche o rimproveri ripetuti in presenza di colleghi o superiori? E’ Mobbing. Subisci eccessive forme di controllo o valutazioni ingiustificatamente basse? E’ Mobbing. Subisci intrusioni nella vita privata tese a modificare il tuo modo di lavorare? E’ Mobbing.

Tanti comportamenti diversi, ma uniti sotto un unico grande denominatore: l’isolamento.

Come Reagire

Tuttavia qualcuno dei nostri più interessati lettori potrebbe, come è sempre doveroso e lecito fare, porsi un interrogativo: come mai su un blog di informazione ed attualità come questo, si parla di Mobbing?

Forse perché troppo spesso si scrive delle gravi conseguenze cui può portare (o cui ha già portato) un determinato problema sociale, ma troppo raramente invece si cerca di parlarne in un ottica preventiva e cautelativa, volta ad informare tutti i cittadini e a rompere il muro d’omertà che separa la verità dalla giustizia.

Come reagire al mobbing?

Piccoli suggerimenti per neutralizzare il mobbing:
  • Non isolarsi – Osservando questa piccola regola si è già a metà dell’opera. L’obiettivo dei Mobber è esattamente questo, per questo motivo si rende obbligatorio non sottostare al loro gioco.
  • Non pensare di essere gli unici – L’istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro (ISPESL, dal 2010 accorpato all’INAIL) ha certificato che circa 2 milioni di italiani affrontano questo problema ogni anno, di cui il 70% sono impiegati nella Pubblica Amministrazione. Solo a Bacoli sarebbero coinvolti, statisticamente, più di 30 dipendenti comunali.
  • Non pensare alle dimissioni - svolgete le vostre mansioni senza condizionamenti, usufruendo al massimo di qualche giorno di malattia per riordinare le idee. Perdere il proprio lavoro sarebbe oro colato per i Mobber, in questo modo vedrebbero semplicemente realizzato il loro obbiettivo, è impensabile concedere loro tale vittoria.
  • Documentare gli atti mobbizzanti – mantenere memoria dei comportamenti persecutori che vengono subiti, riportando data, ora, e persone coinvolte.
Ciò vi sarà utilissimo in futuro nel caso voleste intraprendere le vie legali, soprattutto se avrete la possibilità di contare su almeno uno dei vostri colleghi “alleati”, ovviamente disposti a testimoniare in vostro favore. E dalle testimonianze raccolte nel corso degli anni dagli esperti in materia di mobbing è emerso che le condizioni che generano e che si vanno a creare con l’espansione di tale fenomeno e del conseguente (e per i mobbizzati apparentemente obbligatorio) “silenzio degli innocenti”, sono ampiamente riconducibili ad un ben più grande, noto ed organizzato sistema mafioso, che da immemore tempo stringe nella morsa delle minacce e dell’omertà gli onesti lavoratori degli uffici di impiego pubblico e privato.

Legami con la Criminalità Organizzata

L’accostamento alla criminalità organizzata non è di certo un’iperbole, e per dimostrarlo è bene sottoporre all’attenzione dei lettori un esempio pratico - tratto da un volume pubblicato dalla stessa ISPESL e volto alla sensibilizzazione verso il problema -  che come sempre risulta essere molto più efficace di mille parole. La mafia chiede – se così si può dire - il “pizzo” al commerciante di turno. In caso di resistenza, il “picciotto” fa sentire il commerciante costantemente controllato, lo spia, gli fa ricevere telefonate anonime, e al più dei "regali" disgustosi, che stressano il commerciante e lo fanno cadere in uno stato di depressione nel quale dovrà decidere se cedere al pagamento del pizzo pur di avere una vita serena, o andarsene e trasferirsi in altra città – ammesso e non concesso che non trovi la stessa situazione - o resistere nel suo paese natale, privo però della solidarietà degli altri, che invece pagano.

Ma a prescindere dalla decisione che egli si sentirà di prendere, tutto il tempo che passa dalla “richiesta” del pizzo fino alla decisione finale, non è forse vissuto dal negoziante con lo stesso stato d’animo di ansia e preoccupazione di un lavoratore (pubblico o privato non importa) che si vede vittima di un abuso d’ufficio sul posto di lavoro? Lasciamo rispondere ai lettori. Non è forse la "paura" delle conseguenze provenienti dalla rivendicazione dei propri diritti, che finisce col rendere gli uomini schiavi dei loro persecutori? Violenza psicologica, tortura psicologica.
Dunque se in un'azienda qualsiasi o in un ufficio comunale qualsiasi, vengono usate tali “poteri speciali”, si può senza dubbio dire che in quella azienda o ufficio pubblico c'è mafia e, di riflesso, è mafioso chiunque usi, pur di raggiungere i suoi fini, violenza psicologica ai danni di un soggetto sano.

Mobber e Picciotto: Parlarne per Non Soccombere

Di fatto nessuno dei due, né il “picciotto” né il Mobber, ha nei rispettivi casi utilizzato una pistola per raggiungere il suo obbiettivo, ma sia l’uno sia l’altro hanno contribuito con il loro comportamento al massacro di un essere umano. Non troppo tempo fa le orecchie che percepivano anche per puro caso la parola “mafia” si chiudevano all’istante, e subito ci si preoccupava di negarne la sua stessa esistenza, dichiarando, un po’ per paura, un po’ per strafottenza, di non comprenderne finanche il suo significato.

Sfortunatamente sono state necessarie le migliaia di vittime mietute dalla mafia negli ultimi decenni  per smuovere finalmente le coscienze dei cittadini e cambiare l’opinione della gente, e ci auguriamo che non ne occorrano altrettante per il mobbing affinché tutti si rendano conto della potenzialità nascosta ma letale di questo fenomeno.

E’ certo che solo quando tutti avranno compreso che il Mobbing rappresenta soltanto l’altra faccia di una stessa putrida e nauseante medaglia, sarà possibile cercare di porne i giusti rimedi, perché come al solito il primo passo che è sempre necessario compiere per giungere alla guarigione da una malattia, è informarsi su di essa, conoscerla ed analizzarla quanto più possibile.

E, parlando di mafia, è bene chiuderne la trattazione con un invito che noi stessi rinnoviamo a tutti i lettori del nostro blog e che, se solo venisse seguito quotidianamente da ognuno di noi, risulterebbe da solo molto più utile di tutte le ipocrite commemorazioni pubbliche messe insieme, che ogni anno vediamo puntualmente essere indette da personaggi politici indegni di nominarne semplicemente il nome.

“Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.”
P. Borsellino

Redazione Freebacoli
freebacoli@live.it

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1 Commenti:

Alle 19 ottobre 2012 alle ore 17:15 , Anonymous Anonimo ha detto...

Azzurra Web Campi Flegrei
Non è solo questo...molte volte le pressioni vengono proprio da fonti di un Potere forte...comandati da un passaparola ,per il solo gusto di tappare le bocche a chi dell'onestà ne fa un vanto....FAREMO UNA CAMPAGNA ANCHE SU QUESTA FORMA DI VIOLENZA...NOI SIAMO UNO SPORTELLO ANTI VIOLENZA CARITAS - SACRO CUORE (CAVALLEGGERI AOSTA)

 

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