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La Crisi Economica Spiegata agli Italiani, Continua il Tour con Piero Angela

Freebacoli: La Crisi Economica Spiegata agli Italiani, Continua il Tour con Piero Angela

lunedì 7 novembre 2011

La Crisi Economica Spiegata agli Italiani, Continua il Tour con Piero Angela

Continua il nostro viaggio nella crisi economica italiana (Parte Prima)

Una cooperativa con 57 milioni di soci

image Ecco. L’esempio della cooperativa ha forse permesso di capire, sia pure in modo molto approssimativo, la situazione della nostra finanza pubblica. In realtà le cose sono assai più complesso per una serie di ragioni che vedremo. Ma rifacciamo ora la storia sostituendo nomi e situazioni.

Il nostro è un paese costituito da 57 milioni di soci; i quali, per amministrare i loro beni comuni, hanno eletto un'assemblea, il Parlamento, e indirettamente quindi un governo.

I soci non sono molto soddisfatti di come funzionano i servizi comuni, cioè i servizi pubblici.

Sono spesso inefficienti, affollati di dipendenti al di là del necessario. E rispondono, spesso, più a clientele politiche e lottizzazioni, che a criteri di efficienza e qualità.

I cittadini pagano naturalmente le tasse e i contributi.

Questi quattrini (assieme ad altre entrate) vanno a finire in una cassa comune: le casse dello Stato. Servono per pagare non solo i dipendenti ma tutta una serie di servizi collettivi: I'educazione, i trasporti, la giustizia, I'esercito, la polizia,la ricerca eccetera. E ovviamente anche le pensioni e I'assistenza sanitaria.

Queste spese, però, cominciano a un certo punto ad aumentare. Sempre più rapidamente.

Infatti, sotto la pressione di gruppi e di categorie, vengono varate leggi che comportano, alla lunga, spese superiori alle entrate. Ognuno vuole sempre un po’ di più. E siccome il voto è segreto in Assemblea, escono spesso delle votazioni che esaudiscono le richieste di questo o quel gruppo di elettori, al di là della capacità di farvi fronte.

A un certo punto il bilancio dello Stato, naturalmente, va in passivo. Anche perché vengono sovvenzionate aziende spesso decotte, gestite male e che gravano sulla collettività.

Cioè le spese, nel loro insieme, superano le entrate ricavate dalle tasse e dagli altri introiti tradizionali.

Dove trovare nuovi soldi, allora?

Lo Stato lancia un prestito. Chiede ai cittadini i loro risparmi, dando in cambio dei Buoni del Tesoro, o dei Certificati di credito, ad alto interesse.

Nelle casse dello Stato entra così molto denaro fresco. E questi quattrini consentono allo Stato di pagare i dipendenti, le pensioni, la sanità e tutto il resto.

Non solo, ma anche di versare ai cittadini gli interessi che derivano da questi Prestiti.

Tutti in apparenza sono quindi contenti; i dipendenti vengono pagati, ci sono fondi per le pensioni e la sanità, e i sottoscrittori ricevono alti interessi.

In realtà...

I1n realtà lo Stato aumenta il suo deficit e i suoi debiti. Deficit, perché la differenza tra entrate e uscite continua ad aumentare. E debiti, perché si accumulano, anno per anno, le somme da restituire a chi le ha prestate: non solo singoli cittadini, ma anche banche e organismi internazionali.

Ma c'è un altro problema: in questo modo vengono a scarseggiare i soldi per gli investimenti produttivi. Cioè le imprese che cercano sul mercato i soldi per espandersi, si vedono concorrenziate dallo Stato, che offre ai risparmiatori interessi altissimi, pur di catturate quattrini.

Si crea così un ulteriore circolo vizioso: vengono a mancare soldi per investire, I'economia non cresce come potrebbe, e non cresce di conseguenza neppure il gettito fiscale. E quindi il deficit non si riduce.

I debiti dell'Italia stanno ora aumentando in modo così vertiginoso che stanno superando lo stesso prodotto nazionale lordo. Cioè stanno superando la stessa ricchezza prodotta in un anno dal paese nel suo insieme.

Ecco alcuni dati.

Nel 1960 1o Stato aveva soltanto 9000 miliardi di debiti.

Nel 1986 ha superato i 750.000 miliardi (oltrepassando così per la prima volta nel dopoguerra il prodotto nazionale lordo) e nel 1990 si prevede che, a questo ritmo, raggiungerà 1.350.000 miliardi di debiti. Cioè il 25% in più della ricchezza prodotta dal Paese...

Allo stato attuale non si vede infatti come questa emorragia crescente possa venir fermata. Per esempio si dà per certo che le spese per la sanità e le pensioni e altri servizi pubblici (date le leggi esistenti) continueranno ad aumentare in progressione geometrica, anche per effetto dell'invecchiamento della popolazione.

Questo drenaggio di denaro naturalmente sottrae soldi pel gli investimenti produttivi.

Inoltre l'abitudine del settore pubblico a spendere più di quanto incassa, alimenta i consumi e fa saltare gli equilibri dei conti con I'estero. Perché, grazie al denaro che circola, consumiamo di più e spendiamo di più per le importazioni.

E ci indebitiamo di più.

Fin quando potrà durare tutta questa spirale?

L' arancia nello spremitore

Per tentare di rispondere a una domanda come questa, occorre prima cercare di capire quali sono i vari elementi che formano il mosaico. E cercare, magari, anche di ricondurre i problemi alla nostra esperienza personale.

Indebitarsi è infatti qualcosa di molto diffuso nella vita di tutti: per esempio (come abbiamo visto nel capitolo precedente) un mutuo per comprare la casa, o delle cambiali per avviare un negozio. Le imprese, del resto, continuamente ricorrono ai prestiti bancari.

Quindi I'indebitarsi, di per sé, non è qualcosa di negativo: a condizione che permetta di instaurare quello che si chiama un “circolo virtuoso”, cioè una spirale ascendente. In modo che questi prestiti vengano utilizzati per creare un'attività, per sviluppare un lavoro, eccetera. E accrescano così la ricchezza degli individui e del paese.

Anche uno Stato può fare altrettanto; non solo, ma ci sono persino investimenti non produttivi (tipici di uno Stato) che generano, come abbiamo visto, ricchezza a distanza: per esempio l'educazione. Se si chiede un prestito ai cittadini per sviluppare i cervelli dei loro figli in modo da raccogliere poi (dieci o vent’anni dopo) intelligenze e competenze si è fatto un eccellente investimento, che potrà restituire ampiamente alla collettività i soldi spesi.

2 Ci sono altri investimenti non direttamente produttivi, ma che creano un contesto su cui una società civile può crescere: per esempio ospedali, ordine pubblico, giustizia eccetera. Quindi indebitarsi non va sempre visto in termini puramente contabili: ci sono in gioco molti altri elementi.

Il fatto è che le cose non stanno esattamente così. Perché?

Cominciamo proprio da queste spese, che rappresentano una buona fetta del bilancio dello Stato.

Il problema è che ciò che entra da una parte non corrisponde a ciò che dovrebbe uscire dall'altra...

Quando, per esempio, mettiamo un'arancia in uno spremitore, ci aspettiamo che esca dall'altra parte una certa quantità di succo. Se ne esce poco' o pochissimo, evidentemente c'è qualcosa nel meccanismo che non funziona'

In altre parole se in un sistema si inseriscono delle risorse, dei quattrini (magari presi a prestito), bisogna che dall'altro buco escano dei risultati proporzionali.

- Per esempio è logico inserire quattrini nella scuola per ottenere competenze, o nei servizi pubblici per avere trasporti e poste che funzionino, nella sanità per avere un'assistenza efficiente, e così via.

In realtà però ciò non avviene. Ed ecco che i cittadini protestano. E poi cominciano a rivolgersi a servizi paralleli, spendendo altri quattrini: per esempio servizi postali privati , o trasporti non statali; oppure integrazioni sanitarie o scolastiche.

Persino nel campo della giustizia, si calcola che ormai l’85% delle vertenze in materia economica sia regolata in modo extra-giudiziario, con un accordo diretto fra le parti.

Una catena di sant'Antonio

Ma vi è un altro problema ancor più grave. Ognuno di noi (e quindi ancor più uno Stato) può indebitarsi solo fino a un certo punto: oltre non può andare. Infatti anche se i servizi pubblici fossero efficientissimi, lo squilibrio rimarrebbe comunque nelle casse dello Stato. Perché il problema di fondo è ché lo Stato non può spendere più di quanto incassa.

image Perché in teoria uno Stato (diversamente da un individuo) può indebitarsi quasi senza limiti, ma in pratica così facendo impoverisce l’economia. E le generazioni future.

Ebbene, i conti del nostro Stato ci dicono che il deficit annuale rappresenta ormai l'80% del risparmio privato. E che ci stiamo squilibrando anche verso l'esterno.

Non soltanto le singole imprese si stanno indebitando con l’estero, ma lo Stato stesso ha contratto grossi debiti, con altri paesi e organismi, sui quali dobbiamo pagare ulteriori interessi.

Insomma, così come qualcuno che si indebita fino al collo, analogamente lo Stato si trova in una spirale dalla quale non riesce a uscire. Quali ne saranno le conseguenze?

Per un individuo o un’impresa, una situazione del genere porta, prima o poi, diritti al fallimento, alla bancarotta. Ma uno Stato può fallire?

Dal punto di vista formale, dicono gli esperti, il debito pubblico è soprattutto un debito che certi italiani hanno verso altri italiani. Quindi rimane (almeno apparentemente) all'interno di un sistema. Lo Stato chiede dei prestiti da alcuni, sotto forma per esempio di Bot. Per questi soldi che riceve deve pagare gli interessi. E per questo tassa altri cittadini. E quindi un trasferimento tra chi paga tasse e chi possiede Bot.

In realtà, dal punto di vista concreto, le cose stanno ben diversamente. Per varie ragioni.

Intanto gli interessi da pagare mangiano una parte crescente del bilancio dello Stato, e rimangono quindi meno quattrini da investire.

Inoltre, come abbiamo visto, lo Stato in questo modo sottrae quattrini anche agli investimenti privati. Questo frena la crescita: la ruota dell'economia non gira più bene e aggrava il deficit. A spirale.

Poi questa montagna di debiti trabocca oltre i nostri confini, per effetto dell'indebitamento estero e delle importazioni (poiché consumiamo più di ciò che produciamo), ed erode il valore della nostra moneta, rispetto al valore delle altre monete. I cambi tendono a salire e quindi tendono a salire anche í prezzi dei beni importati.

E infine questi quattrini bisognerà pur restituirli un giorno o I'altro alle persone che le hanno prestate: chi pagherà il conto in questa catena di sant'Antonio?

II paradosso delle pensioni

Beh, intanto lo stiamo già pagando noi. Nel senso che il deficit significa, per tutte le ragioni prima illustrate, un freno allo sviluppo. Significa costo del denaro più alto. Significa capacità produttiva diminuita.

3 Ma significa anche un dono avvelenato ai nostri figli. Perché è sul loro futuro che verrà in buona parte scaricato questo debito. Non solo in termini di diminuite capacità produttive del nostro paese nei confronti di altri paesi, come la

Francia, la Germania o la Gran Bretagna, ma anche in termini di diminuita assistenza personale. Per esempio sempre maggiori tributi e contributi da pagare in cambio di sempre minori prestazioni.

Per avere un'idea della situazione basta vedere quello che sta accadendo alle pensioni, che rappresentano oggi la più forte spesa nel bilancio dello Stato. Si prevede, infatti, che il numero dei pensionati aumenterà notevolmente nei prossimi anni, anche per effetto dell'allungamento della vita. Non solo, ma è previsto che aumenti anche l'ammontare medio delle loro pensioni.

Con quali soldi verranno allora pagate queste pensioni?

In teoria il sistema prevede che, come in una corsa a staffetta, i contributi di coloro che lavorano servono a pagarcele pensioni di coloro che non lavorano più. Ma questo sistema sta saltando.

Perché sta enormemente aumentando il numero dei pensionati, in proporzione a coloro che lavorano. E come se in una famiglia ci fossero più vecchi da mantenere con l'unico stipendio di chi lavora.

La massa dei soldi da pagare at pensionati è già oggi superiore a quella versata da chi paga i contributi. E infatti coloro che vanno in pensione aspettano ma tanti anni il pagamento, perché... non ci sono soldi in cassa. E bisogna stanziarli con appositi decreti, prelevando questi soldi altrove, nel bilancio dello Stato. Secondo il ministro del Lavoro questo sorpasso avverrà tra breve anche per certi istituti autonomi di previdenza.

Secondo certi conti ecco I'”escalation” dei prossimi anni, nel nostro paese (se le cose continuassero come oggi):

Nel 1990 in Italia per pagare le pensioni occorrerebbe il 12,1% del prodotto nazionale lordo.

Nel 2000 il 13,7%.

Nel 2010 il 16%

Nel 2025 il 21,3%.

Lo Stato per poter pagare queste enormi somme dovrebbe alzare a dismisura le ritenute a chi lavora. Passando dall’ attuale aliquota del 25% al 40 o 50% e anche più. Cioè già tra una quindicina d'anni chi lavora dovrebbe versare, assieme al suo datore di lavoro, il 50% della retribuzione solo pel pagare le pensioni di chi non lavora più... Chi lo accetterebbe?

La soluzione potrebbe allora essere quella, alcuni ritengono, di diminuire drasticamente le prestazioni pensionistiche; alleggerendo così il carico dello Stato e del deficit. Chi vorrà avere migliori prestazioni cioè dovrà pagarsele a parte, attraverso un sistema assicurativo privato.

Come frenare l' emorragia?

Ecco quindi che le conseguenze del deficit e dell'indebitamento cominceranno a farsi sentire, concretamente, già, a breve scadenza. Per I'assistenza sanitaria (che è la seconda voce passiva del bilancio) una situazione analoga si sta preparando.

image Ma è un'intossicazione che si farà sentire, in pratica, un po' ovunque nell'economia del Paese.

Questi problemi sono oggi al centro di un dibattito che non è solo economico, naturalmente, ma è soprattutto politico. Perché il problema è di sapere come dovranno essere ripartiti questi grossi pesi. Sotto forma di diminuzioni di servizi? o di rimborsi? o di (stangate)?

Al di là della distribuzione dei carichi, emerge però la questione di fondo: cioè la necessita di frenare I'emorragia del deficit e dell'indebitamento, che sono all'origine di questa situazione.

Negli Stati Uniti, dove il deficit è in proporzione solo un quarto del nostro, è stata decisa una terapia radicale: ogni anno il bilancio dovrà essere decurtato automaticamente di una enorme somma, fino ad arrivare al pareggio nel 1991.

Ciò è stato deciso con una legge capestro che impedisce al Congresso americano di spendere annualmente oltre una certa cifra.

In Italia si discute su vari progetti, con varie u scuole di pensiero>, por affrontare questo squilibrio di fondo. Il problema, comunque, non può essere eluso. Perché nel frattempo deficit e debiti continuano ad aumentare.

Un paese non può essere al tempo stesso inefficiente e ricco. Continuando a spendere più di quanto incassa. Questo chiunque gestisca un bilancio familiare lo sa perfettamente. In tutti questi anni il deficit è stato “nebulizzato” verso il futuro, un po' come si fa con gli scarichi inquinati nell’aria. Tanto gli strati atmosferici sono lontani, e nessuno sul momento se ne rende conto.

Ma a un certo momento la nube tossica raggiunge dimensioni impressionanti, e ce la ritroveremo sopra la testa.

Dobbiamo aspettare che ingrossi ancor più?

Forse potrebbe essere utile "quotare” il debito pubblico sulle pagine finanziane, accanto al listino di Borsa e ai rendimenti dei Bot.

Visto il successo dl questo tipo di letture (che ormai dilagano. persino sui giornali sportivi) sarebbe un’occasione quotidiana per seguire non solo l'andamento delle Fiat e delle Olivetti, ma anche l’aumento continuo dei nostri “buffi” di Stato.

E per pensarci su. Un po' più seriamente.

Alessandro Parisi
Redazione Freebacoli
freebacoli@live.it

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1 Commenti:

Alle 8 novembre 2011 alle ore 18:21 , Anonymous Anonimo ha detto...

Grazie ad Andreotti, Gava, Pomicino, Craxi, LA Malfa, Scalfaro, Scotti, Prodi, D'alema, Berlusconi etc.etc.....per finire ai vari Gasparri, La Russa, Bersani, etc. dei giorni nostri. E' triste avere la consapevolezza del proprio male, individuarne la cura, ma ciò nonostante preferire morire di una morte lenta angosciosa, che rende amaro il presente e distrugge il futuro.
Purtroppo gli inetressi della collettività e dei suoi appartenenti sono molteplici e i più disparati. Non si riesce a cpmprendere cosa sia il bene comune, e cosa significhi conseguentemente fottere il nostro prossimo. Potremmo stare tutti bene e invece ci riduciamo alla lotta tra poveri, e i bastardi di cui sopra lo hanno saputo gestire il sistema. La soluzione non può che consistere in una serie drastica di misure, e cioè:
Ammazzare tutti i baby pensionati (quelli dai 58 ai 75 anni);
Negare la sanità gratuita, quindi costringere un pò di gente a morire per strada;
Utilizzare i relativi cadaveri in un processo di combustione per recuerare energia;
Ricondurre la popolazione italiana a 10.000.000 di abitanti;
Estirpare la classe politica del recente passato, quella attuale e tutti i parenti di quest'ultimi fino alla 11° genereazione futura.
Facendo così può darsi che ci risolleveremo

 

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