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Tanto Debito e Poca Crescita, Storia del Crac Italiano: Corruzione e Distruzione della Grande Industria

Freebacoli: Tanto Debito e Poca Crescita, Storia del Crac Italiano: Corruzione e Distruzione della Grande Industria

lunedì 12 dicembre 2011

Tanto Debito e Poca Crescita, Storia del Crac Italiano: Corruzione e Distruzione della Grande Industria

DEBITO PUBBLICO E SVALUTAZIONE COMPETITIVA.
COSÌ I NOSTRI GOVERNANTI HANNO AFFOSSATO L’ITALIA

imageIn questi giorni, tutti noi italiani stiamo con il fiato sospeso per cercare di comprendere se riusciremo a non sprofondare nel baratro sul cui orlo siamo vicini.

Abbiamo tutti imparato a comprendere cosa è il DEBITO PUBBLICO, che è stato anche oggetto di un articolo a mia firma pubblicato su Freebacoli lo scorso 5 novembre, e quali effetti rovinosi possa avere su un Paese.

Perciò vediamo di comprendere, in maniera molto semplice e sintetica, come siamo arrivati a questo punto e chi ci ha incoscientemente condotto su una strada che, pur augurandoci che non accada, porta alla rovina.

È pur vero che non soltanto l’Italia, ma tutta l’Europa, è sotto attacco della finanza internazionale, ma è pur altrettanto vero che l’attacco è partito contro quei Paesi che, come Grecia e Italia, si sono posti in uno stato di debolezza, sia per l’enorme peso di stratosferici debiti pubblici, sia per la bassa, o quasi nulla, crescita.

Lo Stato Come una Famiglia: Pericolo Strozzini

Facendo il paragone con una famiglia, il debito è ovviamente quello accumulato nel corso dell’esistenza della famiglia ed il PIL è il reddito che questa famiglia produce in un anno. image Se una famiglia ha un debito del 30% delle proprie entrate annuali, (non un mutuo, che è un debito il cui rimborso è ben strutturato), debito che deve rinnovare di anno in anno perché non riesce ad estinguerlo, può stare abbastanza bene. Se il debito invece è superiore a quanto la famiglia produce in un anno, per esempio è del 120%, come è ora per l’Italia, quella famiglia sarà in forte sofferenza, perché dovrà svenarsi per pagare i soli interessi. Questo tanto più quanto chi presta i soldi pretende interessi sempre più alti perché il rischio che la famiglia non riesca ad onorare il proprio debito cresce.

Si finisce così in mano agli strozzini, ed è questo esattamente quello che è successo all’Italia.

Il rapporto Debito Pubblico/PIL è un ottimo indicatore, non soltanto perché è il termometro della capacità di onorare il debito, ma anche perché, mentre sia il debito (numeratore) che il PIL (denominatore) sono influenzati dall’inflazione, il loro rapporto ne risulta automaticamente depurato.

La Storia del Debito Pubblico Italiano

Se si guarda il grafico sotto riportato, elaborato da “Linkiesta”, si può vedere che nel dopoguerra, e fino alla fine degli anni 60, l’Italia aveva un debito pubblico molto basso, mediamente del 30% rispetto al Prodotto Interno Lordo (PIL) e fino alla metà degli anni 70 del 44%. L’Italia era cioè un Paese sanissimo.

Nella seconda metà degli anni 70, nel 76 per l’esattezza, si ha l’avvento al potere del Partito Socialista di Bettino Craxi che si pone come ago della bilancia della politica italiana. È pure in quel periodo che nasce il sodalizio Craxi-Berlusconi.

È proprio in quegli anni, come si noterà sempre dal grafico, che il debito pubblico inizia a crescere, con una sola piccola inversione di tendenza negli anni 80e 81.

Il 9 agosto 1983, quando Bettino Craxi era appena divenuto Presidente del Consiglio, il Sole 24 Ore così titolava:

“Craxi promette bene. L’impegno di Craxi per la spesa pubblica: Calcolarla, controllarla, governarla.”

Davvero un bello slogan, ma rimasto, ahimè, soltanto uno slogan.

Il Crac Con il Governo Craxi sino a Berlusconi

Ed infatti Craxi, nei suoi anni di governo dal 4 agosto 1983 al 17 aprile 1987, giocò al “Lascia o raddoppia”, ma con arrogante sicumera purtroppo non lasciò, bensì raddoppio il debito pubblico, che passò da 456mila miliardi di lire a circa 900mila [dati e citazione da “il Sole 24 Ore” tratti dal libro di Alessandro Wagner “due milioni di miliardi” – I edizione, ottobre 1993].

Il debito pubblico, ormai senza alcun controllo, schizzò poi con i Governi Fanfani, Goria, De Mita ed Andreotti e, malgrado l’intervento del Governo Amato che arrivò, nel giugno-luglio 1992, ad un prelievo forzoso sui conti correnti (operazione di incredibile violenza e di iniquità sociale, in perfetto contrasto con il dettato dell’art 53 della Costituzione), raggiunse i suoi massimi con il primo Governo Berlusconi (121,8%) e Dini (121,5%).

Nel frattempo, specialmente a partire dall’inizio degli anni 80, l’Italia era diventata il Paese di Bengodi.

L’espansione del debito pubblico alimentava, insieme agli abnormi interessi sui BOT e BPT, la domanda interna; tutti ritenevano di poter star bene, in un’insensata superficialità, non volendo pensare che i debiti, quando li fai li devi pagare tu o, se non li paghi tu, li fai pagare ai tuoi figli, a cui lasci questa dannata eredità.

debito story

Si verificavano poi altri due fenomeni negativi: la corruzione, che sempre esiste e sempre esisterà, si espandeva in modo incontrollato ed aborme; iniziava il declino della grande industria.

L’Avanzata della Corruzione ed il Declino della Grande Industria

Riguardo al primo fenomeno, tutti ricorderanno lo scempio di denaro che è stato fatto, ad esempio, con i soldi del terremoto o con quelli dei “Mondiali 90”. Opere spesso faraoniche ed inutili o mai completate, con enorme dispendio di denaro pubblico. Iniziarono i primi arresti, come quelli dell’ex Segretario Socialdemocratico Pietro Longo e poi arrivò la stagione di “Mani Pulite” e l’autoesilio dorato di Bettino Craxi.

image Riguardo al secondo punto, ne ho avuto diretta esperienza. Sono entrato come ricercatore in Montedison nel 1974. In quegli anni, la Montedison era un gruppo chimico di dimensioni enormi, oltre 150.000 persone, cioè più del doppio della Finmeccanica di oggi, e competitivo sul piano internazionale. Dopo vicende molto alterne, si è finito di disgregare all’inizio degli anni 2000, azzerando anche un enorme patrimonio di esperienze e professionalità.

E, oltre alla Montedison, si pensi alle storie della Liquichimica, della Sir Rumianca, della Chimica del Tirso, della siderurgia (quando, ad esempio, si investiva a creare il polo siderurgico di Gioa Tauro mentre si dismettevano altri impianti), dell’Olivetti e così via.

Molto spesso i grandi manager hanno giocato, sulla pelle di molti, a fare i grandi finanzieri, senza curare i piani industriali. Poco più di un mese fa, all’ ”Infedele” di Gard Lerner, ci fu una discussione a cui era presente anche l’attuale Primo Ministro, Mario Monti. La domanda più sensata l’ho sentita fare da un operaio dell’Ansaldo: “ma quando parliamo di piani industriali, di ciò che dobbiamo produrre?”

Io la penso esattamente come quell’operaio: senza prodotti e servizi di buona qualità non soltanto non si cresce, ma si va in rovina; beni e servizi sono gli unici e soli capisaldi di una buona economia.

E l’aver distrutto la Grande Industria è un punto di vulnerabilità per la nostra economia attuale e futura.

La Mancanza di Prospettive e la Collaborazione Tra Università e Industrie

In Italia abbiamo la fortuna che la Piccola e Media Industria, spesso con grandi sacrifici, riescono a reggere, ma la Grande Industria è necessaria, non solo perché dà occupazione oggi, ma perché è l’unica che può avere le capacità di fare una ricerca, di base ed applicativa, molto spesso indispensabile, a medio-lungo termine.

image Faccio un piccolo esempio. Ero un giovane universitario, nella seconda metà degli anni 60, e si parlava di televisori a cristalli liquidi, televisori che si sarebbero potuti appendere ad una parete come dei quadri. Per vedere sul mercato questi televisori, gli LCD, ci sono voluti circa 30 anni, ed investire, senza avere un ritorno a breve, è un lusso che molto spesso non si possono concedere né la piccola né la media industria.

Un altro punto di cui non ho mai sentito discutere, quando si parla di ricerca in Italia, è: ma quando un ricercatore avesse fatto la più bella scoperta scientifica, a quale industria Italiana potrebbe poi cederla, se abbiamo e continuiamo a distruggere la Grande Industria?

Ricordo che ai miei tempi si discuteva di come per le Università e per le Industrie, specialmente quelle di grandi dimensioni, fosse indispensabile cercare di lavorare fianco a fianco, per permettere una reciproca osmosi e per dare concreta applicazione al trovato.

Mi scuso se, come sempre accade quando si fanno delle generalizzazioni, ci potranno essere , ed in questo caso mi auguro che ce ne siano molte, situazioni di segno completamente opposto.

Alessandro Parisi
Redazione Freebacoli
freebacoli@live.it

Fine Prima Parte

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1 Commenti:

Alle 16 dicembre 2011 alle ore 10:51 , Anonymous Anonimo ha detto...

Peppe Giardino
Bravo! Hai fatto un ottimo articolo?
Spero che lo leggano molte persone sprovvedute che
sparlano a sproposito,e RIFLETTANO quando eleggono questi MASNADIERI

 

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